È possibile un uso terapeutico della cannabis?

In molti paesi assistiamo a iniziative che pretendono politiche più liberali sulle droghe, con la loro depenalizzazione se non la loro legalizzazione, per lo meno per quelle contenenti cannabinoidi, le sostanze attive presenti nella pianta cannabis sativa. Queste iniziative sono appoggiate dai mezzi di informazione che danno pubblicità praticamente solo a persone ed “esperti” che sostengono gli effetti positivi della cannabis e denunciano quelli presunti negativi delle politiche proibizioniste. E questo non ostante numerosi studi dimostrino l’evidenza scientifica della pericolosità di questa droga “leggera”.

Uso terapeutico

Un primo passo della strategia per la legalizzazione della cannabis è rappresentato dalle proposte di liberalizzarne l’uso a scopo terapeutico, in quanto avrebbe un effetto positivo su sintomi di alcune malattie, per esempio su dolori e spasmi muscolari della sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica, il glaucoma e le malattie neoplastiche. La più importante società americana di medicina delle dipendenze, l’ASAM, American Society of Addiction Medicine,  in un suo libro bianco del 2012 non ritiene, però, opportuno legalizzare la cannabis per uso terapeutico[1].

Si deve tenere conto che la cannabis contiene un numero imprecisato di componenti attivi, probabilmente più di cento, con effetti differenti e in parte opposti. L’effetto allucinogeno di alcuni componenti come il  tetraidrocannabinolo, THC, per esempio, può essere neutralizzato almeno in parte da un altro componente, il cannabidiolo, CBD.  La percentuale dei vari componenti può differire anche considerevolmente a seconda delle varietà delle piante, e, col tempo, per esempio, ne sono state selezionate alcune  con un maggiore contenuto di THC per potenziare l’effetto allucinogeno. Questo fatto complica l’applicazione terapeutica, in quanto nelle terapie è necessario poter dosare esattamente la quantità di un principio attivo.  L’ASAM ritiene indispensabile studiare il profilo di azione dei componenti della cannabis: quelli con un possibile effetto terapeutico e senza effetti collaterali rilevanti dovrebbero essere sottoposti a normale sperimentazione come avviene per la registrazione di tutti i medicinali, per poter verificare se possiedono effettivamente un’utilità clinica. Solo dopo aver superato tale procedura, questi preparati potrebbero essere venduti in farmacia su prescrizione medica[2]. Una procedura analoga a quanto avvenuto con l’effetto analgesico dell’oppio: partendo dalla struttura della morfina l’industria farmaceutica ha sviluppato analgetici anche cento volte più potenti e molto più maneggevoli nella terapia. Come ricorda il NIDA, National Institute on Drug Abuse, dei NIH, National Institutes of Health, un’agenzia del dipartimento della Sanità dell’Amministrazione USA, la Food and Drug Administration, responsabile per la registrazione  dei farmaci, non ha riconosciuto o approvato la pianta della marijuana come medicina, ma ha registrato due medicinali contenenti ognuno un cannabinoide preciso, mentre nel Regno Unito e in alcuni altri paesi europei è stato registrato un farmaco contenente una combinazione di THC e CBD. Il NIDA precisa pure che “non ci sono ricerche cliniche condotte su vasta scala che dimostrino che gli effetti della pianta della marijuana siano superiori ai rischi nei pazienti con sintomi che dovrebbero essere trattati”[3]. Anche il Comitato permanente del Senato degli Stati Uniti sul controllo internazionale delle droghe dichiara: “Noi crediamo che la via migliore sia quella di concentrare le risorse per lo sviluppo di medicine alternative in un processo regolato dalla Food and Drug Administration piuttosto che legalizzare la marijuana” [4].

Un approccio scientifico, con la produzione di medicinali derivati da singoli componenti della cannabis, con un potenziamento del loro effetto terapeutico e con un’indicazione chiara per determinate patologie ma senza effetti psichici, non incontra molto interesse da parte di certi ambienti per i quali probabilmente la legalizzazione dell’uso terapeutico appare piuttosto come un pretesto per rendere facilmente accessibile la cannabis, possibilmente con indicazioni mediche molto generiche.

Cannabis e medicina popolare tradizionale

La cannabis è stata usata talvolta dalla medicina tradizionale, per esempio in soluzioni alcoliche per massaggi esterni. Negli ultimi decenni la situazione è però cambiata: da una parte, oggi noi disponiamo di possibilità terapeutiche molto maggiori, dall’industria farmaceutica alla fitoterapia , che non in passato, dall’altra la cannabis è la droga più diffusa, sempre più utilizzata da giovani e sempre più precocemente. È necessario quindi stare attenti all’immagine della cannabis che si offre, e alla possibilità di trasmettere un messaggio equivoco e fuorviante: affermare che la cannabis può far bene, perché un massaggio con una soluzione alcolica di alcuni suoi componenti può alleviare disturbi reumatici, può ridurre la percezione della pericolosità dell’uso della cannabis.

Concludendo, si può dare una risposta chiara al quesito iniziale se sia possibile un uso terapeutico della cannabis: l’uso della pianta o di alcune sue parti, in quanto contenente per lo meno decine di componenti attivi, non risponde ai normali criteri scientifici e ai principi della sicurezza del farmaco. Se singole sostanze attive della cannabis presentano effetti terapeutici e superano tutte le fasi della sperimentazione come avviene per ogni altro medicinale, allora non esistono problemi per la loro introduzione nella pratica clinica e per un loro corretto uso.

Ermanno Pavesi

Segretario generale della FIAMC


[1] White Paper on State-Level Proposals to Legalize Marijuana, Adopted by the ASAM Board of Directors July 25, 2012. La ASAM ha redatto questo  Libro bianco per controbattere le tesi a favore della droga e per mettere in guardia politici e opinione pubblica dai pericoli della sua legalizzazione

[2] Cfr. Ibid, p. 3.

[3] “The FDA requires carefully conducted studies in large numbers of patients (hundreds to thousands) to accurately assess the benefits and risks of a potential medication. Thus far, there have not been enough large-scale clinical trials showing that benefits of the marijuana plant (as opposed to specific cannabinoid constituents) outweigh its risks in patients with the symptoms it is meant to treat”. http://www.drugabuse.gov/publications/drugfacts/marijuana-medicine

[4] United States Senate Caucus on International Narcotics Control. (2012). Reducing the U.S. Demand for Illegal Drugs: A Report by the United States Senate Caucus on International Narcotics Control. Washington, DC: 112th Congress, 2nd Session, p 15, citato nel White Paper dell’ASAM, p. 14.