Il vero banco di prova
di Fernando Chica Arellano

C’è un passaggio del messaggio del Papa per la prima giornata mondiale dei poveri che interpella i protagonisti principali dell’azione internazionale: «Conosciamo la grande difficoltà che emerge nel mondo contemporaneo di poter identificare in maniera chiara la povertà». Eppure le modalità di intervento sono ben note e sintetizzate da sempre nelle istanze intergovernative: per avviare e consolidare lo sviluppo mondiale è necessario l’impegno di ogni componente della comunità internazionale a contribuire in base alle proprie capacità e disponibilità. Invece, mentre l’aiuto pubblico allo sviluppo diminuisce, lo spreco di risorse per gli armamenti è sempre in ascesa, dimenticando che investire nello sviluppo umano integrale è il solo strumento per eliminare l’estrema povertà.

La corsa agli armamenti sembra non voler mai tramontare nello scenario internazionale, nonostante tutti gli appelli per ricollocare le risorse impegnate nei conflitti verso programmi di sviluppo che in modo organico e continuativo possano garantire la piena realizzazione di persone e popoli, la loro crescita e la concretizzazione delle aspirazioni che scaturiscono dalla loro dignità e dall’esercizio dei loro diritti fondamentali. Nel quadro della più generale lotta alla povertà questo presuppone un accordo comune che può scaturire solo dal porre termine alle guerre e da un’effettiva solidarietà tra gli stati, capace di affrontare fattori di rischio come i mutamenti climatici, la diminuita disponibilità di acqua, la crescita della domanda di alimenti.

Nello specifico del nuovo conflitto in atto tra popolazione mondiale e risorse disponibili, il finanziamento dello sviluppo potrà favorire misure interne e internazionali che superino la tendenza ad avere come unico obiettivo il profitto, la difesa dei mercati o nuove tecniche di produzione senza la necessaria precauzione.

L’esempio del settore agricolo è evidente: basti pensare allo spreco di prodotti agricoli o all’accaparramento delle terre coltivabili da parte di imprese transnazionali e di stati. Entrambi questi fattori non solo privano i più poveri di beni essenziali, ma intaccano direttamente la sovranità dei paesi e sono veicolo di nuove tensioni e conflitti armati.

Nella questione dello sviluppo, oggi ancorata in termini di azione internazionale alla «Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile» adottata dall’assemblea generale dell’Onu, si congiungono molteplicità di componenti, ma è essenziale l’apporto di risorse per poter raggiungere gli auspicati traguardi. Un risultato che, come indicato da Papa Francesco l’11 gennaio 2016 nel discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, reclama che «gli impegni assunti non rappresentino solo un buon proposito, ma costituiscano per tutti gli Stati un effettivo obbligo a porre in essere le azioni necessarie per salvaguardare la nostra amata Terra, a beneficio dell’intera umanità, soprattutto delle generazioni future». Questo per consentire anche il trasferimento e la condivisione della tecnologia che tanto peso possono avere nei processi di sviluppo. La lotta alla povertà richiede, tra l’altro, di concorrere negli ambiti competenti all’adozione di strumenti internazionali vincolanti che regolino la cosiddetta affirmative action stabilendo eccezioni per i paesi più svantaggiati, la cui unica risorsa sembra diventata l’appello per fronteggiare le emergenze.

È urgente dunque riconvertire i cuori per comprendere quanto sia importante abbandonare la forza delle armi e far avanzare quella della condivisione. In proposito, il finanziamento dello sviluppo può essere un banco di prova non solo essenziale, ma forse unico di fronte al grido degli ultimi del pianeta. E sarà un modo concreto per celebrare la giornata mondiale dei poveri.