Avvenire: Mons. Facchini su fine vita
Avvenire del 7/01/2018 di Fiorenzo Facchini

La legge sul fine vita avrebbe meritato precisazioni e correttivi. Ma la fretta di farla approvare dal Senato, per motivi forse estranei al suo contenuto, non l’ha consentito. Speriamo the possano esserci chiarimenti nella fase applicativa.

Tra i punti critici sollevati sul testo the era stato approvato dalla Camera dei deputati vi e l’affermazione tranciante the sono considerati sempre terapie (e quindi rifiutabili) Ia nutrizione e l’idratazione assistite. Un’affermazione the aveva suscitato una reazione generale in campo medico e andava precisata.

Ci sono situazioni in cui sono terapie, altre in cui possono essere I‘unico modo di vivere (es. per molte persone in stato vegetativo o di minima coscienza). Inoltre, nonostante vane precisazioni ricorrenti nel testo, non appare tutelata la coscienza del medico, qualora venga coinvolto, in modo diretto o indiretto, in richieste di interventi o di omissioni di atti the vanno contro la sua coscienza. E per la sua coscienza non basta che la legge dichiari che il comportamento, richiesto dal paziente o dai familiari, sia dichiarato esente da responsabilità sul piano deontologico o penale.

La casistica si profila infinita, con o senza Dat del paziente (molto più ampia di quella per la interruzione della gravidanza) e si dovrebbe prevedere Ia possibilità dell’obiezione.

La legge prescrive di evitare l’accanimento terapeutico. Questa posizione non e una novità.

È stata affermata in numerosi documenti della Chiesa, da Pio XII a Papa Francesco, sulla linea della <> della Congregazione per la dottrina della fede del 5 maggio 1980. La Dichiarazione contiene indicazioni attuali, anche in relazione ai progressi della scienza medica the possono prolungare la vita in condizioni di estrema precarietà, con trattamenti inutili o sproporzionati. Sulla stessa linea il Codice di deontologia medica (art. 16). Che cosa poi debba intendersi con a “accanimento” spetta alla scienza medica e alla coscienza del medico. In ogni caso, sarebbe possibile prevedere nelle Dat a distanza di tempo i possibili trattamenti sanitari?

È comunque da evitare l’abbandono o astensionismo terapeutico, quale potrebbe configurarsi con la cessazione di ogni forma di nutrizione o idratazione o di cura, anche se fosse ii paziente a richiederlo. Sarebbe una forma di eutanasia omissiva. L’accompagnamento del malato fino al termine naturale della vita, alleviandone le sofferenze, a un dovere morale. La terapia del dolore è giustamente richiamata dalla legge, anche se dovesse accelerare il momento della fine. Ma il ricorso alla sedazione profonda, previsto dalla legge, non dovrebbe diventare una forma di eutanasia camuffata.

Alla nuova legge seguiranno le norme applicative. Nelle possibili more del governo per la regolamentazione delle Dat e stata avanzata dall’onorevole Donata Lenzi l’idea che se ne faccia carico la Regione, regolamentando le Dat nel Fascicolo sanitario elettronico.

Non sappiamo come ciò potrebbe avvenire. Ma la complessità delle situazioni e tale the non si possono prefigurare o burocratizzare tutte le possibili scelte.

* consulente ecclesiastico Associazione Medici cattolici di Bologna

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