Non ricordo più quando incontrai per la prima volta Robert Walley, ma ricordo che attorno al 1997, fu nell’ambito degli incontri organizzati dalla Pontificia Accademia per la Vita, da poco costituita.

Mi colpì molto la figura di questo uomo dagli occhi vivaci, professore di ostetricia e ginecologia, che aveva lasciato la Gran Bretagna, suo paese, ed era andato a vivere in Canada per non piegarsi alla logica dell’aborto. 

Mi colpì ancora di più sapere che lo stesso uomo dedicava molto tempo alla salute delle mamme in Africa per le quali aveva portato avanti importanti progetti per affrontare la piaga della fistola ostetrica.

Si tratta di una lacerazione da parto che mette in comunicazione la vagina della donna con la vescica, il retto o entrambi, favorendo il passaggio di urina e di feci con conseguenti problemi d’incontinenza. Nel 90% dei casi è causata da svariati giorni di travaglio prolungati senza un intervento medico che allievi la pressione esercitata dal nascituro in fase espulsiva e dalle spinte di contrazione. Le donne con fistola ostetrica spesso sono ripudiate dal marito, isolate dalla comunità e colpevolizzate per la loro condizione, quasi come moderne lebbrose. Questa situazione preclude la possibilità di lavorare e spesso di sopravvivere. Le conseguenze economiche e sociali della fistola aggravano ulteriormente la posizione di vulnerabilità delle donne nella società. La lesione è curabile e prevenibile ma, se trascurata, può avere conseguenze devastanti sulla vita della donna. Rob aveva deciso che questo problema meritava la sua attenzione le sue fatiche.

Diventammo presto amici. A quel tempo ero segretario generale della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici (FIAMC). Robert aveva incominciato a porre le basi di MaterCare International (MCI). Venne spontaneo da parte mia il desidero di accogliere MCI nella FIAMC.

Ci ritrovammo nel 1998 a New York per il Congresso mondiale della FIAMC. Robert era stato da me proposto come invited speaker. Al termine del Congresso io eletto presidente della FIAMC e durante il mio mandato perfezionammo giuridicamente l’ingresso di MCI nella FIAMC, che per statuto avrebbe potuto accogliere solo Associazioni Nazionali, affiliandola come Agenzia Specializzata per i temi ostetrico-ginecologici.

Lo stesso anno, su un aereo militare, volammo insieme in Albania dove era in corso la guerra del Kossovo, nel tentativo di avviare un progetto per le madri in difficoltà. Non fu possibile, ma fu l’occasione per dare una mano all’Opera Madonnina del Grappa, presente a Scutari. Nel 1999 ci recammo a Timor Orientale, appena uscita dal genocidio indonesiano e governata dalla Amministrazione Transitoria delle Nazioni Unite (UNTAET). Incontrammo personaggi entrati nella storia come il Vescovo e Premio Nobel Ximenes Belo, il Presidente Xanana Gusmao e il Minstro degli Esteri Ramos Horta. Avremmo voluto fondare un ospedale materno-infantile per un piccolo paese che, a causa della povertà e delle devastazioni, presentava allora il più alto tasso di mortalità materno-infantile del mondo. Avevamo trovato la struttura, le risorse finanziarie, il personale sanitario. L’UNTAET ci negò il permesso, perché non garantivamo l’offerta del pacchetto ONU della salute riproduttiva: sterilizzazione, contraccezione e aborto!

Infaticabile Rob tornò a volgersi all’Africa con nuovi progetti e realizzazioni.

Dr. Rob Walley, San Giovanni Paolo II e Prof. Gigli

L’anno dopo a Roma, in occasione del Giubileo del Medici per l’Anno santo del 2000, mettemmo a punto l’idea di organizzare a Roma incontri di medici ostetrici-ginecologi. Il primo ebbe luogo il 18 giungo del 2001 ed ebbe a tema le discriminazioni verso gli ostetrici-ginecologi per il mancato rispetto del loro diritto di obiezione di coscienza. È anche a seguito di queste pressioni, che non riguardano più soltanto i regimi totalitari,  che stiamo assistendo in molti paesi alla scomparsa dell’ostetrico-ginecologo cattolico. L’evento fu memorabile per l’udienza concessa ai partecipanti dal San Giovanni Paolo II. Da quell’anno, ogni due anni, MCI sarebbe tornata a riunirsi a Roma. L’ultimo di questi incontri romani, nel settembre del 2019, fu anche l’ultima occasione in cui potei incontrare Rob di persona. Da allora solo messaggi, come per la Pasqua 2020, da lui definita “the Feast of Love, Life and Hope”..

Il 12 Aprile, in risposta al mio messaggio di auguri pasquali, dopo aver detto del suo profondo amore per Susan malata, mi comunicava che il cancro aveva preso il sopravvento e che aveva declinato le cure palliative, decidendo di restare a casa  “until God calls me”. Gli risposi assicurandolo della mia preghiera, manifestando la speranza che non avesse troppi dolori e invitandolo ad essere forte.

Da allora silenzio.

Mi consola però sapere che Simon, suo figlio, gli ha letto l’ultimo messaggio che gli ho inviato il 10 maggio. Voglio trascriverlo perché contiene tutto ciò che di lui mi porto nel cuore.

Dear Rob, I heard that your situation is worsened and that you are close to the end of the combat. I do not know if this is the last time we exchange a message. The previous time was for Easter. I want to tell you that I sincerely admire what you did in your life. You can be proud of it. More than others you can repeat the words of the apostle Paul: “I fought the good battle, I ended my run, I kept my faith”. You have done so much for women and for babies. You have been a witness with your words and your actions. You are an example for physicians. Let me hug you and tell you my friendship. I pray that you suffering may not be too hard and that you may be in the light. Please do not forget us when you will see the face of Christ. With all my love, Gian Luigi”.

Ringrazio il Signore per avermi fatto dono di incontrare Rob Walley e per avermi concesso il privilegio di essergli amico. Spero ardentemente che la sua opera possa continuare e che la FIAMC conservi la memoria di quest’uomo semplice, gioviale e coraggioso, eccezionale testimone dell’ethos profondo della professione medica.


Gian Luigi Gigli

Past President FIAMC