Colloquio con Filippo Maria Boscia, presidente dell’Associazione dei medici cattolici italiani. Per la promozione e la difesa della vita


di CRISTINA UGUCCIONI

L´´ Osservatore Romano (24-XI-2021)

«Sono grato al Signore che mi ha chiamato a collaborare con Lui nella meravigliosa opera di curare chi soffre e custodire la vita. Questa gratitudine anima anche tutti i miei colleghi dell’Amci, l’Associazione medici cattolici italiani, che — come me— lavorano alacremente per onorare questa chiamata del Signore». Sono parole di Filippo Maria Boscia, 75 anni, già direttore del Dipartimento di salute della donna e tutela del nascituro dell’Asl di Bari e docente di fisiopatologia della riproduzione umana e di bioetica presso l’università del capoluogo pugliese.

Nelle scorse settimane è stato riconfermato presidente dell’Amci, che guiderà per i prossimi quattro anni. Con«L’Osservatore Romano» riflette sui compiti e le future iniziative dell’Associazione.

A quale tema ritiene che l’Amci si debba prioritariamente dedicare in questo tempo segnato da un dilagante individualismo autoreferenziale e — come dice Papa Francesco — da uno «spregiudicato materialismo che caratterizza l’alleanza tra l’economia e la tecnica, e che tratta la vita come risorsa da sfruttare o da scartare in funzione del potere e del profitto»?

Proprio a causa di questo contesto sociale e culturale, ritengo che il grande, ineludibile tema al quale noi medici cattolici dobbiamo dedicarci sia la promozione e la difesa della vita umana: di ogni vita, in qualsiasi fase e condizione si trovi.Per svolgere questo compito,entusiasmante ed impegnativo,ci guidano i gesti e le parole di Gesù: le pagine dei Vangeli so-no il nostro punto di riferimento. Vi è anche, imprescindibile, l’insegnamento autorevole e generoso di Papa Francesco. Il cardinale Edoardo Menichelli, assistente spirituale dell’Amci,ed io abbiamo curato un libro —appena uscito e intitolato In cammino con Francesco (Adda Editore) — che raccoglie 264 importanti discorsi del Papa in tema di salute, vita, giustizia e sanità.

Noi medici cattolici ci sentiamo chiamati ad essere servitori seguendo Gesù che ha detto «io sto in mezzo a voi come colui che serve». Essere servitori — compassionevoli, sensibili,professionalmente inappuntabili — della vita, a cominciare da quella più fragile e indifesa:questa è la nostra vocazione. E vogliamo viverla pienamente,con la grazia del Signore.

Nei prossimi anni come si declinerà, in particolare, il vostro impegno per la promozione e la difesa della vita umana?

Vi sono diversi temi che chiedono dedizione massima;ne menziono alcuni: oltre all’aborto, cui Papa Francesco ha dedicato parole inequivocabili,vi è il tema della generazione,che disinvoltamente nella nostra cultura è diventata “riproduzione” e si sta avviando a diventare “pro duzione”, anche grazie alla orribile pratica dell’affitto del grembo femminile,che sfigura la maternità. In Italia si raccolgono le firme per legalizzare l’eutanasia e l’accompagnamento al suicidio.

Proprio in questi giorni il Comitato etico dell’Azienda sanitaria regionale delle Marche ha affermato che un signore marchigiano, tetraplegico da molti anni, possiede i requisiti per l’accesso al suicidio assistito: è una vicenda dolorosa. Questa decisione compromette la ricerca di nuovi metodi per migliorare le abilità dei medici nel prendersi cura della sofferenza nella sua globalità, e interrompe l’alleanza medico-paziente che è fatta non solo di diagnosi e terapia ma anche di empatia e compassione, tutti aspetti che non dovrebbero mai essere scissi nella pratica medica.

Noi ci impegneremo con tutte le nostre forze non solo per continuare a onorare l’intangibile dignità di ogni persona e per accudirla,con sollecitudine e con proporzionalità di cure, sino alla morte naturale, ma per contribuire all’edificazione di una cultura della vita che oggi si sta sbriciolando sotto i colpi di un sistema che scarta chi non è più produttivo.Vi è poi il cruciale tema delle cure palliative.

Certamente. Il mio predecessore alla guida dell’Amci, Domenico Di Virgilio, è stato anche sottosegretario al ministero della Salute e si è speso molto per far approvare la legge 38/2010 sulle cure palliative,che ancora oggi, purtroppo, è poco applicata. Bisogna lavorare per dare attuazione a questa norma su tutto il territorionazionale, in modo capillare, e assicurarsi che le cure palliative non siano limitate ai soli hospice. Non è tollerabile che in talune realtà si continuino a omettere queste cure e che vi siano operatori sanitari convinti che un posto letto occupato da un malato inguaribile sia un posto letto sprecato.

Noi medici cattolici vogliamo spenderci affinché si torni a considerare il malato inguaribile come il più bisognoso fra tutti i pazienti,che richiede attenzioni e premure speciali. Dobbiamo lavorare su vari fronti per contrastare la cultura della morte che malvagiamente induce le persone gravemente malate a sentirsi un peso e a volersi togliere di mezzo. Ciò significa, ad esempio, sottrarsi all’obbligo di assecondare questa cultura attraverso l’esercizio dell’obiezione di coscienza, principio cui teniamo moltissimo.

Quali collaborazioni avete già avviato per dare corpo a una feconda alleanza in favore della vita umana?

In ogni diocesi italiana è presente una sezione dell’Amci i cui soci, a servizio del vescovo, lavorano con i pastori e promuovono diverse iniziative con le strutture diocesane, a cominciare dalle Caritas.

Oltre a cooperare con l’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei, collaboriamo, a livello sia nazionale sia locale, con associazioni ed enti (religiosi e laici) quali, ad esempio, l’Aido(Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule), l’Adisco (Associazione donatrici italiane sangue cordone ombelicale) e CasAlzheimer.