Convegno internazionale di studio—
“LA CENTRALITÀ DELLA CURA DELLA PERSONA NELLA PREVENZIONE E NEL TRATTAMENTO DELLA MALATTIA DA HIV/AIDS”
CITTÀ DEL VATICANO, 27-28 MAGGIO 2011
Contributo del Prof. Filippo M. Boscia
Molte malattie sollevano implicazioni di ordine etico ma fra queste l’AIDS sembra essere un vero e proprio collettore di fondamentali questioni non solo di tipo
scientifico ma soprattutto morali e biomediche. Non bisogna mai dimenticare che questa sindrome da immunodeficienza acquisita ha profonde e radicate origini nel
comportamento delle persone, né va dimenticato che, con tutta rilevanza, le radici della malattia legano l’infettività alla intimità, allo stile di vita, alla sessualità, al
comportamento della persona, pur soggettivamente controllabile.
La promozione della salute dei giovani e degli adulti in tutte le parti del mondo è indispensabile ma in ogni progetto non deve mancare mai l’attenzione all’approccio
antropologico che va sottolineato e sempre rimarcato, soprattutto nell’attuale momento storico e in presenza di orientamenti prevalenti della scienza medica che
tendono ad esaltare sempre di più gli sforzi nelle strategie di cura e sempre meno in quelle di prevenzione.
L’azione di come proteggere la salute a varie latitudine potrà essere efficace solo se l’approccio sarà allargato agli aspetti antropologici:
Senza questa prospettiva ogni fatica potrebbe essere vanificata.
Sono assolutamente convinto della necessità prioritaria e indispensabile di azioni volte a sollecitare la percezione della dimensione etica e morale dell’agire umano e
questa convinzione mi induce a proporre e sollecitare una collettiva impresa umana di buon senso fondata su una “vera alleanza” affinché si promuova ovunque un lavoro “a rete” e si attui la promozione massima di tutti i valori in gioco.
Proteggere la salute significa proteggere innanzi tutto l’uomo nella sua globalità.
Nessuno deve mai dimenticare che la sessualità ha valenze tutte soggettivamente controllabili e che in una strategia di prevenzione e di attenzione la dimensione etica
pretende di sottendere ogni libertà dell’agire umano. La sessualità è intima quanto l’affettività!
Così come, nel caso di AIDS, l’infettività è “intima”. Credo questa sia una verità ormai conosciuta da tutti, ma da tutti ignorata o trascurata.
Da fisiopatologo della riproduzione vorrei ricordare alcuni innegabili assunti scientifici ed antropologici: la sessualità umana responsabile ha in sé tre valenze
essenziali, mai, ci si augura, scindibili fra loro: quella creativa, la ricreativa e quella procreativa.
Creativa: di affettività, di legame stabile e di lunga durata, di amore, di amicizia e fedeltà, di progettualità per il futuro, di solidarietà e sussidiarietà, di condivisione
e sostegno vicendevole; creativa in sintesi di rapporti di prossimità corporea, tutti positivi ed esaltanti.
Ri-creativa: perché è innegabile che con la sessualità si ricrei salute psicologica e gioia intima, direi vera ricreazione, positiva azione che determina stabilità affettiva e
duraturo interesse sentimentale.
Procreativa: perché nella sessualità v’è la massima espressione di cooperazione con il creatore nel promuovere il dono della vita che nasce.
Qualora la sessualità sia svilita al solo aspetto ludico o gestita solo per gioco, spesso anche multipartner, allora perde il controllo della razionalità e della
responsabilità personale e sociale, perde il valore di patto sociale e nega tutte le precise responsabilità sociali ad essa connesse.
Certamente ad ogni uomo e ad ogni donna vanno riconosciuti diritti umani e civili che pretendono originaria tutela.
Quando si parla della propria libertà personale non si può prescindere dal fatto che il rispetto della salute propria e della salute delle altre persone può, e deve in specifici casi, comportare restrizioni alla libertà del singolo individuo.
Allora la libertà personale include anche il rilevante diritto del singolo alla conoscenza degli eventi connessi alla sessualità e all’intimità affinché il proprio
consenso sia veramente informato non solo in relazione ai rischi ma anche in relazione a tutte le importanti fasi conoscitive, informative, preventive o terapeutiche
che andranno a responsabilizzare l’azione.
Questo consenso correttamente informato è un diritto da pretendere, è un dovere verso l’altro e va visto come un grande passo in avanti di civiltà nella tutela del diritto
alla vita e alla salute in tutti i paesi e non solo in quelli in via di sviluppo.
Questo è un irrinunciabile principio etico di tipo fondamentale al pari del principio di giustizia, di solidarietà e di promozione massima dei valori.
In questo delicato campo se non si interviene con rigore può accadere che le regole del profitto vadano a prevalere su quelle del diritto alla vita; In questa ottica vanno
risottolineate molte istanze etiche particolari.
Le specifiche istanze etiche legate all’ infezione da HIV possono essere raggruppate in tre filoni inerenti a:
1. prevenzione e ricerca;
2. assistenza;
3. questioni generali: di politica ed economia sanitaria, direi di filosofia della
medicina;
4. Diritto alla cura e all’accesso ai farmaci salvavita.
E’ essenziale in questo delicato compito promuovere:
– l’analisi delle conoscenze scientifiche;
– l’analisi delle risposte terapeutiche;
– la propensione per la sperimentazione;
– la necessità di accesso universale alle terapie retro-virali e alla vaccinazione nel rispetto delle condizioni di eticità per la sperimentazione di farmaci.
Allora, è indispensabile porsi delle domande e sostenere con vigore che oggi “l’uomo del presente” deve interrogare «l’uomo del passato e quello del futuro»!:
A proposito della ricerca di nuove molecole e della sperimentazione occorre domandarsi fino a che punto possano essere permesse sperimentazioni di nuove
terapie che apportano benefici molto più utili per i futuri ammalati che per soggetti dello studio.
Ancora, come controllare l’efficacia delle terapie? Quanti sono i soggetti che non hanno accesso alle cure?
Quali garanzie vanno riservate al delicato problema della autenticità del consenso informato. Trovare volontari «consenzienti» non è difficile, ma affinché il loro
consenso sia autentico si rende necessario un dialogo tra medico e paziente che vada oltre il momento della firma del modulo di arruolamento, in una sorta di «consenso continuato» per valutare, sempre accortamente, che ci sia un equo bilanciamento tra costi e benefici.
Ancora, non essendoci una precisa linea di demarcazione tra cura e sperimentazione, a volte diventa eticamente rilevante individuare specifici criteri di inclusione negli studi che offrano, a tutte le persone infette da HIV, pari opportunità di partecipare alle possibilità provenienti dalla sperimentazione stessa.
Per tutte queste implicazioni sosteniamo, in questa sede, che particolare riguardo va riservato al problema del consenso informato affinché sia garantita assoluta autenticità.
IMPLICAZIONI POLITICO-SANITARIE.
Per quanto attiene alle questioni di politica ed economia sanitaria, direi meglio di filosofia della medicina, vi sono da rilevare questioni etiche di carattere generale e
particolare: priorità assoluta è quella relativa ai criteri di giustizia con cui allocare e distribuire le limitate risorse economiche, con particolare attenzione ai rapporti
di collaborazione internazionale tra paesi occidentali e paesi economicamente più deboli, e quelle che si collegano alla definizione e alle finalità dell’atto medico, e cioè al tipo di rapporto medico-paziente che il contesto culturale moderno impone nei singoli paesi.
Proprio su questi campi l’AIDS ci pone oggi e ci porrà in futuro sfide complesse che riguarderanno il dovere di giustizia nella distribuzione delle risorse sanitarie.
Guarire si può! Per questo è necessaria una riflessione etico-giuridica per identificare ed esaminare le implicazioni anche morali delle risposte di politica ed economia sanitaria, per formulare eque proposte sensibili alle diverse situazioni economiche e culturali delle nostre società.
Se la posta in gioco è o i farmaci o la vita, occorrerà far leva sulle comunità internazionali e ridurre i proventi delle proprietà intellettuali.
IL RAPPORTO PAZIENTE-SOCIETA’
Il bene personale e i diritti della persona, sieropositiva o malata che sia, dovranno comporsi dunque con il bene comune della società dei sani. E’ attraverso la
salvaguardia del bene della singola persona che si attua il bene comune.
Mi sia consentito in questa prospettiva di salvaguardia parlare di prevenzione, ricerca scientifica, sperimentazione, cura.
LA PREVENZIONE:
Se si esamina il panorama delle malattie che chiamiamo di origine sociale, cioè dipendenti dalle condizioni socio ambientali, oltre che dallo stile di vita, l’Aids resta
tra i problemi più complessi da risolvere.
La parola d’ordine è “prevenzione”.
La strada preventiva rimane quella eticamente prioritaria.
Tutti sono d’accordo nell’indicare il primato della prevenzione come dovere morale e sociale perché per quanto è possibile devono essere risparmiate le sofferenze e le malattie.
La prevenzione è legata alla educazione ai valori:
L’educazione ai valori chiede che questi valori abbiano un alto livello di consistenza oggettiva e una forte presa soggettiva nelle coscienze, cioè siano valori veri, alti e
arricchiti, scoperti, sentiti e condivisi come forze creative di vita e di novità.
E’ la trascendenza della persona che va recuperata. La prevenzione ha bisogno di orizzonti vasti e di valori trascendenti.
Dove c’è vita spirituale c’è un’energia che trascende il mondo.
Il valore assoluto della libertà è ingannevole e quando viene vissuta come fine a sé stessa inaridisce la stessa libertà e dà una visione riduttiva della vita.
L’etica non può rimanere in un libro dei sogni! Ci sono fatti fondamentali che vanno corretti.
Il rapido progresso scientifico e la programmazione applicativa genera scompensi sempre crescenti in medicina con riscontro non soltanto di spreco di denaro, pericoli alla salute, abusi morali sempre più spinti, ma anche di effetti non rimediabili.
Meglio agire e non perdere nessuna emozione. E’ consigliabile non lasciarsi guidare da spinte irresponsabili nella convinzione che poi alla fine v’è rimedio a tutto.
Un altro scompenso è rilevabile tra il progresso dell’industria farmacologica e l’applicazione assistenziale. L’industria farmaceutica mira a costruire farmaci sempre più commerciabili e spesso non si commercializzano farmaci più efficaci e ottimi se destinabili a poche persone, “di nicchia”, dai quali non si ricavano profitti ingenti. È il problema dei cosiddetti “farmaci orfani”.
Molto spesso l’industria farmacologica condiziona la ricerca e l’assistenza sanitaria: viceversa è la Sanità che deve orientare la ricerca farmacologica.
Forse è giunto il momento non più rinviabile di sollecitare le aziende farmaceutiche acché si riducano evidenti discrasie ma anche vengano opportunamente ridimensionati i proventi legati alle proprietà intellettuali e di ricerca. La migliore sfida economica sta nell’offrire a minor costo farmaci generici, anche combinati in poli-terapia, magari prodotti in aree geografiche ove sono ottenibili costi di produzione più bassi che nei paesi industrializzati.
Non ci si potrà lamentare della diffusione dell’Aids e perciò raccomandare a gran voce la prevenzione, se nello stesso tempo non si andrà a frenare direttamente o
indirettamente la diffusione e non si andrà a modulare quella illimitata e incoraggiata libertà che genera meccanismi che producono la malattia.
I programmi assistenziali, il progresso scientifico e i piani finanziari dovranno armonizzarsi con gli stessi valori che oggi si richiedono a gran voce per migliorare i
rapporti interpersonali.
Le nuove possibilità tecniche di cura e prevenzione delle malattie sono troppo spesso condizionate dal contesto politico, così come la rapidità di diffusione è condizionata da particolari contesti sociali.
La tesi che intendo sviluppare è che la medicina rappresenta oggi e può rappresentare DOMANI un potente stimolo all’elaborazione di nuove categorie del politico e del sociale.
Medicina, “questione ecologica” e problemi sanitari indubbiamente hanno collegamenti “culturali” e percorrono strade a plurima direzione spesso e purtroppo
senza ancorarsi ai problemi antropologici e filosofici contemporanei.
La nostra attuale riflessione vuole sottolineare con audacia e con responsabile impegno che le grandi problematiche del nostro tempo potranno risolversi solo con un profondo cambiamento del nostro modo di pensare, caratterizzando in meglio il pensiero e l’opera dell’uomo moderno.
LA RICERCA SCIENTIFICA E LE SPERIMENTAZIONI
Di fronte ad una malattia così complessa come l’AIDS per la quale non si ha ancora il definitivo rimedio, il primo impegno è quello di incoraggiare gli scienziati e la ricerca ad approntare validi farmaci.
Il secondo impegno è quello di sollecitare gli Stati a mobilitare i finanziamenti necessari anche a costo di ridurre altre spese spesso non così necessarie.
Il terzo impegno è l’introduzione di nuove potenziali terapie per le patologie derivate dall’infezione da HIV e la necessità di sperimentare clinicamente tali terapie.
La sperimentazione e la ricerca farmacologica pongono molte istanze e sollevano conflitti di ordine etico, connessi a problemi scientifici, politici, sociali e medico-
legali. Occorre perciò sempre richiamare i principi fondamentali che costituiscono i riferimenti etici soprattutto se ci riferiamo all’infezione da Human Immunodeficiency
Virus (HIV) responsabile della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) e in particolar modo:
a) il principio terapeutico e di beneficialità che consiste nel curare e assistere tutti sempre in modo ottimale, con ogni massimo impegno sociale e scientifico, rivolto
alla ricerca del bene;
b) la sperimentazione sull’uomo deve essere perseguita lecitamente, nel rispetto della dignità e dell’autonomia della persona, e di tutti i soggetti coinvolti,
malati di AIDS o solamente sieropositivi e nel rispetto della salvaguardia della loro integrità fisica, nonché nel rispetto del loro espresso consenso;
c) e ancora il principio di socialità, solidarietà e sussidiarietà che richiede l’impegno nello stanziamento dei fondi necessari per la ricerca e per l’accesso
universale alle terapie migliori. Senza la collaborazione di ognuno non si potrà ottenere il bene di tutti.
Amare vuol dire donare. Se ci si richiama tutti ad una condivisione di valori allora potremo riaffermare ed attuare impegni fondati su alleanze e orientati a servire il bene della persona.
Noi oggi siamo chiamati a rendere conto del nostro operare in percorsi carichi di elementi umani al’interno dei quali non sono ammesse fughe.
Un’epidemia aggressiva e devastante come l’Aids non può non richiedere il fattivo impegno di tutti, in primis attuando diagnosi precoci, quindi studiando i percorsi di
malattia per sviluppare impegni preventivi e terapie innovative per combattere ed eradicare la malattia.
Tutta la società è chiamata a promuovere una sana economia e razionalizzare i costi delle cure della salute perché possa esserci un servizio disponibile per tutti e affinché vi sia accesso universale alla necessaria terapia antiretrovirale e alla vaccinazione, dispensate in maniera ottimale.
ALLOCAZIONE DELLE RISORSE SANITARIE
Ma all’origine di diseguaglianze spesso si enuncia il problema economico. In realtà oggi viviamo il problema di un’adeguata allocazione delle risorse sani-tarie
intimamente legato ad una serie di dati indiscutibili, quali ad esempio il costante aumento della quantità dei bi-sogni sanitari nel mondo, connesso a varie ragioni di
ordine stori-co, politico e culturale. Molte situazioni determi-nano controversie di ampia portata, soprattutto laddove si po-ne il problema della scelta tra diverse nazioni abbisognevoli o tra diversi pazienti bisognosi.
Il dibattito sulla corretta allocazione delle risorse sanitarie coinvolge numerose competenze di tipo economico, sociologico e medico, ma presenta anche fondamentali aspetti morali.
I sistemi sanitari dovrebbero garantire l’accesso per tutti i cittadini e in ogni parte del mondo.
Invece l’erogazione dei servizi sanitari è spesso subordinata alla possibilità e alla volontà di pagare da parte dell’utente o di qualcuno.
Chi accetta l’idea di un diritto ad un minimo decente di cure ritiene che la previsione di criteri allocativi debbano essere in grado di fornire a ciascuno risorse sufficienti a
mantenere o ripristinare il «normale funzionamento». Un elemento imprescindibile è quello di garantire il rispetto del principio di giustizia, per un’equa uguaglianza
di opportunità, correggendo di conseguenza le ineguaglianze derivanti dalle diverse «lotterie naturali».
Soggetti di particolare attenzione, in questa prospettiva, sono i sieropositivi. Attribuire agli operatori sanitari poteri di discriminazione è fortemente discutibile:
Qualsiasi scelta allocativa dovrebbe proporsi l’obiettivo primario di migliorare la salute dei pazienti. Infine si dovrebbe puntare a minimizzare qualsiasi conflitto di interessi per chi opera le decisioni allocative.
CONCLUSIONE
Per concludere questa allargata ma comunque non completa riflessione bioetica desidero porre l’accento su altre scelte di indirizzo generale nel campo della
prevenzione soffermandomi, come già sottolineato in precedenza, sulla necessità di proporre un modello di vita e di sessualità ordinata che contrasti quei modelli
ideologici di liberalizzazione del sesso che sostengono non solo la liceità ma anche il diritto alla sfrenata liberalizzazione del sesso e della droga!
Programmi di prevenzione puntano ad un’azione che offra informazioni per scelte oculate: si enfatizza sul corretto uso dei preservativi e di tutti gli altri accorgimenti
per continuare con maggiore sicurezza nei comportamenti a rischio: sesso sicuro è la parola d’ordine.
Analisi più approfondite sugli effetti di tali campagne di informazione metterebbero in evidenza una relativa inefficacia delle stesse.
Noi riteniamo che per essere efficace una campagna per la prevenzione dell’AIDS debba avere come obiettivo l’educazione all’affettività e la modifica dei
comportamenti per eliminare o ridurre in modo sostanziale il rischio. Ma per arrivare a modificare questo comportamento occorre fare i conti con le difficoltà a controllare
gli impulsi che sottendono comportamenti a rischio, attività sessuali a rischio, tossicodipendenze, impulsi spesso irresponsabilmente posti in essere in un mutato contesto culturale della società.
Sono fortemente convinto che il modello che più di tutti può offrire la speranza di una prevenzione dell’AIDS è, ancora una volta, quello che si ispira a una visione del
bene integrale della persona, che non guarda, ad esempio, solamente ad evitare in modo contingente l’infezione per via sessuale ma che propone un nuovo modello
di vita orientato alla promozione e alla difesa di tutto il bene della persona stessa. In quest’ottica intendo soprattutto proporre un ideale di sessualità ordinata al valore
della famiglia e della fedeltà coniugale. Intendo sostenere in questa sede un quadro di valori che porti a superare la cultura di morte del mondo, della droga, nel profondo rispetto della vita, della corporeità e di una creatività positiva fatta di impegno sociale e di rispetto della società.
Tutto questo, ovviamente, è più impegnativo per le società e per gli organismi sanitari che devono iniziare tali campagne: i risultati di sicuro ci saranno a lunga
distanza. A qualcuno questo modello personalistico può sembrare aleatorio e non in grado di offrire garanzie pratiche di successo, ma fare a meno di questa corretta
visione, puntando su proposte parziali e contingenti costituisce modalità di azione sicuramente destinata a fallire.
Prof. Filippo M. Boscia
Presidente della Società Italiana per la Bioetica e i Comitati Etici
Consultore del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari
* Presidente AMCI da 2012