Vangelo ambrosiano, meditazione che vale anche per i vangeli del rito romano.
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai Giudei: «Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna».
Commento
Siamo nati per non morire mai. Il Creatore che ci ha dato la vita ha visto che essa è cosa buona e non la rinnegherà mai.
Gesù con grande chiarezza ci dice che siamo stati affidati dal Padre al suo amore.
Lui ha il compito di guarirci dalla nostra diffidenza verso Dio e di riportarci alla verità dell’Alleanza.
La morte ci spaventa, ma qualcuno come san Francesco ha avuto il coraggio di chiamarla nostra sorella morte corporale.
Che cosa avrà voluto dire san Francesco chiamando in tal modo la morte?
Per avere una risposta dobbiamo guardare alla morte di Gesù.
Sulla croce Gesù ha dato pieno compimento alla sua libertà sia verso di noi sia verso il Padre suo.
Verso di noi perché il suo amore si è rivelato più forte di ogni cosa, compresa la morte. Gesù crocifisso non rinnega il suo amore per noi, semmai lo rende più forte concedendo il suo perdono agli uccisori e pregando il Padre per loro.
Verso il Padre, perché Gesù compie fino infondo la missione di sconfiggere il male con l’amore, l’unica arma efficace contro il male. E nel momento supremo si affida totalmente al Padre: “nelle tue mani affido il mio Spirito”.
Così possiamo tornare a san Francesco e dire che la morte è sorella corporale perché porta al culmine delle sue possibilità il dono della vita. La morte ci fa interrogare se viviamo il dono della vita nel modo giusto, cioè di essere feconda nell’amore e di riconoscere il Creatore e di mettersi liberamente nelle sue mani.
Se non si ama e non si ha fiducia in Dio la morte ci fa veramente paura.
Se si ama e si ha fiducia in Dio, la morte è il passaggio al suo abbraccio benedicente.
E ora vi dico due ulteriori parole sul senso cristiano della morte.
La fede permette di leggere la propria storia in quella di Gesù: dall’Incarnazione alla Pasqua. La morte del credente diventa la morte dell’uomo peccatore in solidarietà col quale Cristo stesso è morto. Alcuni elementi ci aiutano ad entrare, da credenti, nell’esperienza della morte come trasformazione della vita.
In primo luogo la fede e la vita sacramentale hanno innestato l’uomo nella vitalità di Cristo. Il cristiano è nato dall’Alto, dall’Acqua e dallo Spirito (cfr. Gv 3, 1-8), da Dio (cfr. Gv 1,13), ed è guidato dallo Spirito che opera nella sua persona, come ha operato in Gesù (cfr. Rm 8). Infatti mediante la fede Cristo abita nel cuore dell’uomo e, tramite la celebrazione dei sacramenti, il discepolo è introdotto a vivere la fede in modo pasquale attraverso l’incessante espansione della carità. Questa dinamica fa sì che il cristiano entri nel morire di Cristo per risorgere in lui e con lui.
In secondo luogo questa ricchezza dipende dalle scelte che il discepolo del Signore opera nel cammino della vita. L’esercizio abituale a scegliere Cristo e a far proprio il suo stile esistenziale porta alla comunione piena e definitiva con il Maestro.
Ancora deve essere tenuto presente che la vita dell’uomo è essenzialmente un ritorno al Padre. La ricchezza della fede ci educa ogni giorno a vivere e a comprendere la verità che il cristiano è sempre in stato di risurrezione attraverso il puntuale morire quotidiano dell’uomo vecchio che non sa amare.
Infine, in Gesù ogni radice di totale allontanamento dalla comunione con il Padre, e perciò dalla vita, è annientata, e in lui ogni creatura ha la possibilità di accedere alla vita. Nella risurrezione in lui, primizia dei risorti, è presente tutta l’umanità e in lui tutti sono ormai redenti.
Buona domenica a tutti
don Michele Aramini


