Ermanno Pavesi

L’articolo 115 del Codice penale svizzero punisce l’istigazione al suicido ma non l’aiuto al suicidio quando non ha motivi egoistici. Questo articolo ha riguardato solo casi sporadici fino al 1982 quando è stata fondata Exit, la prima organizzazione per il suicidio assistito a persone residenti in Svizzera. Successivamente, sono nate altre organizzazioni come Dignitas, che offre i suoi servizi anche a persone residenti all’estero, e lifecyrcle. Per semplicità nel presente articolo si farà riferimento soprattutto a Exit, ma le considerazioni valgono anche per le altre associazioni che offrono i loro servizi per il suicidio assistito.

Per inquadrare il problema sono necessarie alcune considerazioni generali sulle dinamiche suicidarie. Nell’immaginario collettivo di una comunità più o meno grande il suicidio è spesso associato a pochi metodi e quando una persona decide di togliersi la vita ne mette in pratica uno, e, per esempio, si getta da un determinato ponte o si lascia morire dopo aver ingerito dei medicinali. A volte però fatti di cronaca, o addirittura modelli fittizi della letteratura o di serie televisive, possono venire emulati. Per questo fenomeno è stato usato il termine ‘effetto Werther’ che si riferisce alla serie di suicidi successivi alla pubblicazione del romanzo di Johann Wolfgang Goethe I dolori del giovane Werther, nel quale il protagonista si toglie la vita per una delusione d’amore. Giovani lettori si sono identificati nel giovane Werther, lo hanno emulato in un numero tale che il libro venne proibito in alcuni stati tedeschi. Nel 1990 in Italia tre giovani altoatesini si sono uccisi insieme con i gas di scappamento di un’auto, la notizia ha avuto vasta eco nei media, con interviste di specialisti per cercare di spiegare la motivazione di quel gesto: nelle settimane seguenti i media hanno riferito quasi quotidianamente di altri suicidi. Alcuni autori relativizzano l’effetto Werther: gli emulatori si sarebbero già trovati in una crisi suicidaria e si sarebbero comunque tolti la vita, l’effetto Werther si sarebbe limitato ad accelerare la decisione.

Lo psichiatra viennese Erwin Ringel ha dato un importante contributo agli studi sul suicidio con la descrizione della sindrome pre-suicidaria, cioè tre sintomi che caratterizzano la condizione psichica che porta alla decisione di togliersi la vita: la chiusura esistenziale, le fantasie di suicidio e l’aggressività rivolta verso se stesso. La persona vive la sua situazione come insopportabile, non vede vie d’uscita e spesso si sente isolato. Le idee di suicidio mostrano uno sviluppo da desideri passivi di morte alla progettazione sempre più concreta del suicidio, fino alla sua attuazione; questo processo è caratterizzato quasi sempre fino alla fine da ambivalenza: si oscilla tra la convinzione di non farcela più e momenti nei quali ci si sente ancora legati alla vita, in questo processo sono importanti anche valori morali e religiosi.

L’andamento dei suicidi in Svizzera. 

Dopo un picco negli anni 1980-1985 il tasso dei suicidi non assistiti in Svizzera è progressivamente diminuito fino ad oggi, anche se dal 2010 questo trend si è attenuato.

L’Ufficio federale di statistica riporta i dati dei suicidi assistiti dal 2003 quando sono stati 187. La loro crescita è stata esponenziale, nel 2010, per esempio, sono stati 352, nel 2015 965, e 1594 nel 2022, l’ultimo anno per il quale disponiamo dei dati completi. Per il 2023 sono noti solamente i dati di Exit della Svizzera tedesca e italiana: 1252 suicidi assistiti con una crescita dell’11% rispetto all’anno precedente.

 Con il crescente numero di suicidi assistiti ci si sarebbe potuto aspettare una corrispondente diminuzione di quelli non assistiti, perché persone intenzionate a togliersi la vita avrebbero avuto la possibilità di affidarsi a una delle associazioni che garantiscono un metodo sicuro e indolore, ma, se questo è successo, lo è stato al massimo in un numero molto limitato di casi. Al contrario, come già accennato, il trend della riduzione dei suicidi non assistiti degli ultimi decenni si è solamente attenuato, ciò che ha comportato la crescita costante del numero di tutti i suicidi: nel 2014, per esempio, sono stati 1771, saliti nel 2022 a 2552, con un incremento in otto anni di quasi ottocento suicidi.

Il suicidio assistito riguarda soprattutto un particolare gruppo di persone, molto anziane e con varie patologie in parte anche cancerose. L’aumento dei suicidi assistiti dipende in parte dall’emulazione e in parte dal fatto che le associazioni per l’aiuto al suicido sono molto attive, Exit, per esempio, conta più di 160.000 soci, e sono riuscite a fare accettare dall’immaginario collettivo una nuova indicazione per il suicidio: l’idea che, raggiunta una certa età, problemi di salute possono rendere la vita non più degna di essere vissuta. Si deve tenere anche presente che chi si iscrive a queste associazioni lo fa per avere la possibilità in futuro di fruire dell’assistenza al suicidio. Di fronte a questo cambiamento di mentalità ci sono anche teologi cattolici, esperti di bioetica, che considerano il suicidio assistito come una ‘buona morte’ e propongono l’eliminazione dal Codice penale svizzero dell’articolo sul suicidio.

Se lo scopo del suicidio assistito era quello di eliminare, o per lo meno di diminuire, i suicidi non assistiti, realizzati con metodi violenti e dai danni potenzialmente gravi nel caso di un fallimento del tentativo di suicidio, questo scopo non è stato assolutamente raggiunto: l’immaginario collettivi si arricchito di un nuovo modello di suicidio.