In pericolo l’obiezione di coscienza

· Di fronte alle politiche su aborto ed eutanasia ·

16 febbraio 2018

L’obiezione di coscienza dei medici rischia in alcuni casi di diventare impossibile e la tutela della vita umana non sembra essere una priorità. Questo in sintesi il contenuto di un testo che John Lee, presidente della Federazione internazionale delle associazioni mediche cattoliche (Fiamc), ha inviato al presidente dell’Associazione medica mondiale (Wma). Con parole chiare il dottor Lee ha fatto due esempi: l’aborto e l’eutanasia. «Sono venuto a conoscenza del fatto che la Wma — si legge nel documento — spinta dalle raccomandazioni del gruppo di lavoro sulle politiche in materia di aborto, intende introdurne due che facilitano l’aborto e l’eutanasia in tutto il mondo ponendo limiti all’obiezione di coscienza dei medici». Tale obiettivo, sottolinea Lee, verrà perseguito tramite «un linguaggio ingannevole» e favorendo pressioni sui medici attraverso gli ordini nazionali e disposizioni «atte a indebolire le leggi che tutelano la vita umana». Nel caso dell’interruzione di gravidanza, qualora venisse rivista la dichiarazione di Oslo sull’aborto terapeutico del 2006, il medico dovrebbe indirizzare in ogni caso la paziente a un collega non obiettore e potrebbe essere “costretto” a praticare un aborto «sicuro» in alcune circostanze o a prescrivere la pillola abortiva.

Nel caso del fine vita il documento rende noto che paesi come Canada e Olanda hanno proposto alcune modifiche alla politica dell’Associazione medica mondiale. «La Wma — questa una delle proposte — non condanna i medici che seguono la propria coscienza nella scelta di attuare o meno queste pratiche (eutanasia e suicidio assistito) nei limiti della legislazione in vigore» e, ancora, come recita la seconda proposta, i medici «non devono essere ritenuti responsabili per aver garantito l’accesso a tali prestazioni ai pazienti che soddisfano i requisiti del caso».

Lee evidenzia come tali prese di posizione finiscano per considerare l’eutanasia come etica per il solo fatto di essere legale in alcuni paesi. La supposta teorica «neutralità» che viene richiesta alla Wma diventa nei fatti una promozione delle pratiche eutanasiche su larga scala, «una lenta e ambigua apertura nei confronti dell’eutanasia promossa da un linguaggio ingannevole, da vincoli finanziari e dalla deformazione dei diritti umani», a totale detrimento dei diritti degli esseri umani fisicamente o psichicamente più fragili.

Un’operazione che il presidente della Fiamc non esita a definire una «sopraffazione di una maggioranza silenziosa a opera di una minoranza chiassosa», ed è questa una sopraffazione destinata «a non finire bene» di fronte alla quale viene richiesta un’immediata inversione di rotta. Il tentativo denunciato da Lee non è tuttavia per nulla isolato e il clima di emarginazione che devono subire i medici «non allineati» perché obiettori di coscienza rispetto a pratiche ritenute contrarie alla difesa della vita umana è sempre più pesante.

Ogni tentativo di opporsi alla mentalità della «minoranza chiassosa» viene, spesso con metodi assai poco scientifici, frettolosamente accantonato se non del tutto ignorato. Un collega membro di una nota società scientifica italiana non esitò poco tempo fa a definire «irrilevante» una recente presa di posizione di chi scrive in tema di autodeterminazione a senso unico. Una irrilevanza nella quale rischiano purtroppo di cadere anche molte persone troppo deboli o malate per fare valere il proprio diritto alla vita.

di Ferdinando Cancelli

http://www.osservatoreromano.va/vaticanresources/pdf/QUO_2018_039_1702.pdf