Sulla decisione del Papa di concedere a tutti i sacerdoti la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto – contenuta nella ‘Misericordia et Misera’ – sentiamo ora il prof. Filippo Boscia,  presidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani, sempre al microfono di Fabio Colagrande:

R. – Questa scelta del Papa viene veramente come una grazia incredibile, perché quello che era stato concesso limitatamente al periodo giubilare, esteso nel tempo, ribadisce non soltanto che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine ad una vita innocente, ma impegna tutti quanti al sostegno delle gravidanze inattese. Come medico cattolico – come presidente dell’Amci – ho conosciuto i volti delle centinaia di bambini che sono nati grazie all’attenzione e agli interventi dei medici cattolici, e quindi sento che è giunto il tempo di una riflessione seria: non sarebbe possibile un ulteriore sviluppo e diffusione di civiltà senza dare una dimostrazione tratta dall’esperienza di chi ha favorito l’aborto. La prevenzione dell’aborto è soprattutto questo: far sì che questo individuo vivente, appartenente alla specie umana, sia riconosciuto nel suo valore. Ogni nuova parola del Papa si leva alta e chiara, ed è indispensabile a rompere ogni censura sociale per proclamare il valore della vita incipiente. La parola del Papa ridona speranza: il trauma delle donne, le conseguenze psichiche nelle donne che affrontano questa indelebile e dolorosa esperienza, che lascia cicatrici nella loro psiche ci mostrano che è un trauma che non può essere tenuto nascosto, soprattutto se la donna si è trovata sola, abbandonata nel suo percorso, a fare una scelta e a prendere una dolorosa decisione, dopo aver compiuto poco e male i percorsi di prevenzione. Avere eliminato l’embrione non toglie lo scrupolo. Questo viene vissuto come una colpa da condividere ed eventualmente da proiettare anche verso gli altri.

D. – Lei parlava prima dei percorsi di prevenzione che non vengono rispettati. C’è, in questo senso, un peccato di omissione che riguarda anche le istituzioni, la società?

R. – Certo, questo è forse il peccato più grave, perché omettere è anche un commettere. Perché significa che non sono stati messi in conto tutti i provvedimenti per salvare una vita; non aver preso questi provvedimenti significa aver compiuto e provocato la morte. E molti aborti si verificano proprio perché è stato omesso o trascurato di curare misure atte a conservare la vita. Penso ai consultori familiari, ma anche alla politica e alla facilitazione dell’aborto: l’aborto è facilitato da legislazioni permissive; è anche finanziato. Ormai è diventato un fenomeno assai diffuso, e questo, in sostanza, porta fatalmente molti a non avvertire più alcuna responsabilità verso la vita nascente, e a banalizzare queste colpe gravi. È un inquietante panorama, quello dell’omissione, che significa non fare un’azione tra tutte quelle che rientrano nell’ambito di ciò che si può fare e si potrebbe tranquillamente fare. Io credo che il Papa ci richiami oggi a questo delicato compito: capire che esistono dei doveri nei confronti delle pazienti, nei confronti dei medici, nei confronti della prevenzione dell’aborto; e che oggi, anche uno Stato democratico deve essere in grado di fornire al massimo possibile il sostegno alla vita, che deve andare ben oltre quello che le famiglie si aspettano di ricevere.

(Da Radio Vaticana)