Gli “appunti” di Benedetto XVI e la crisi della bioetica

Gli appunti del Papa emerito Benedetto XVI sul problema della pedofilia, pubblicati originariamente in tedesco sul Klerusblatt, un mensile per il clero edito a Monaco di Baviera, sono stati tradotti in varie lingue e hanno avuto una vasta eco, per lo più negativa.

Il testo – articolato in tre parti: la prima denuncia un collasso tanto della spiritualità quanto della teologia morale cattolica dovuto anche alla rivoluzione sessuale, la seconda ne descrive gli effetti all’interno della Chiesa e la terza denuncia le conseguenze dell’assenza di Dio – viene criticato soprattutto perché inquadra il problema degli abusi sessuali da parte di religiosi, tra i quali i casi di pedofilia, in una crisi della morale all’interno della Chiesa, prodotta anche dalla crisi della teologia cattolica, che a sua volta ha avuto tra le sue cause il processo di scristianizzazione che ha subito una accelerazione con le ideologie del movimento sessantottino e con la rivoluzione sessuale.

Benedetto XVI, dal 1958 Professore di teologia in Germania, dal 1977 arcivescovo di Monaco di Baviera, dal 1981 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e dal 2005 al 2013 Pontefice della Chiesa cattolica, è stato un osservatore privilegiato degli sviluppi della teologia cattolica e delle trasformazioni nella Chiesa degli ultimi decenni, e ha anche dovuto prendere ripetutamente posizione su vari temi come, per esempio, nella Istruzione sul Rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione, Donum vitae del 22 febbraio 1987,  nella Nota riguardante “La norma morale di «Humanae vitae» e il compito pastorale”, del 16 febbraio 1989 e nella Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo – Donum veritatis , del 24 maggio 1990, tutte della Congregazione per la dottrina della fede.

La sua testimonianza è molto importante, e descrive, per esempio, le difficoltà oggettive incontrate per trovare una via adeguata per affrontare l’esplosione del problema della pedofilia tra la necessità di giungere a provvedimenti concreti da una parte e garantismo dall’altra, e per stabilire la divisione delle competenze tra Chiese locali e Dicasteri romani.

È singolare e incomprensibile che alcuni abbiano criticato Benedetto XVI per la pubblicazione degli appunti e addirittura abbiano chiesto una regolamentazione del ruolo del papa emerito, in altri termini che gli venga proibito di esprimere pubblicamente il suo pensiero.

Il caso del rev. Charles Curran

L’interpretazione di Benedetto XVI della crisi della teologia morale degli ultimi decenni interessa anche i medici poiché tale crisi ha coinvolto l’etica medica con la nascita della bioetica moderna.

Il 25 luglio 1986 l’allora cardinale Joseph Ratzinger, come Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha comunicato al reverendo Carlo Curran, professore di teologia morale all’Università Cattolica d’America, la sospensione dall’insegnamento e di non considerarlo né idoneo né eleggibile all’insegnamento della teologia cattolica a causa del suo dissenso dal Magistero su questioni come “l’indissolubilità del matrimonio sacramentale consumato, l’aborto, l’eutanasia, la masturbazione, la contraccezione artificiale, i rapporti prematrimoniali e gli atti omosessuali”. La sospensione è avvenuta dopo che Currran ha continuato a difendere le sue posizioni anche dopo le contestazioni fatte dalla Congregazione (1). Curran non è l’unico teologo ad avere sostenuto le tesi condannate dalla Congregazione per la dottrina della fede, ma erano condivise da altri teologi che hanno contribuito allo sviluppo della bioetica moderna.

La nascita della bioetica

La bioetica moderna nasce negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e Settanta dalla collaborazione tra teologi e specialisti cattolici di varie discipline che non condividevano gli insegnamenti del Magistero in questioni morali, e dal 1968 in poi in modo particolare l’enciclica Humanae vitae, hanno cercato di trovare un’alternativa alla medicina pastorale precedente che costituiva una parte della teologia morale cattolica, e hanno contribuito allo sviluppo di un’etica medica laica.

Questa collaborazione è stata catalizzata, tra l’altro, dagli esponenti politici della famiglia Kennedy: “I Kennedy speravano di elaborare una posizione politica sull’aborto compatibile tanto con la dottrina cattolica quanto con il clima politico del paese (2)”. Ad una prima riunione, organizzata a casa di Robert (Bob) F. Kennedy (1925-1968) nell’estate del 1964 è stato invitato un piccolo gruppo di persone, oltre a Curran erano presenti i gesuiti Josef Fuchs (1912-2005) professore di teologia all’Università Gregoriana , Richard A. McCormick (1922-2000), secondo il sito dell’Università Loyola una delle maggiori figure che con i suoi lavori negli ambiti della bioetica, delle tecnologie riproduttive e delle questioni del fine vita ha contribuito alla revisione delle teologie morali cattoliche re dopo il ConcilioVaticano II (3), Albert R. Jonsen, Robert F. Drinan (1920-2007) teologo e professore di diritto al Boston College, e il ginecologo cattolico André Hellegers (1926-1979), che nel 1965 è stato nominato, assieme al padre Fuchs, membro della Commissione centrale  ristretta  della Commissione pontificia di studio circa il problema della regolazione delle nascite (4).

Le tesi di questo gruppo anticipavano di quasi dieci anni la sentenza della Suprema corte degli Stati Uniti, Roe vs. Wade del 22 gennaio 1973, che ha riconosciuto alla donna il diritto  legale ad abortire e non accettava l’assunzione di una etica rigorosamente restrittiva nella legislazione (5).

Hellegers, Curran, Drinan e Fuchs sono stati tra gli organizzatori e i relatori del Primo congresso internazionale sull’aborto tenuto a Washington nell’autunno del 1967 co-sponsorizzato dalla fondazione Joseph P. Kennedy jr. In una sintesi del congresso, pubblicata nel volume La scelta terribile: il dilemma dell’aborto (6), gli editori arrivano alla conclusione che l’aborto riguarda diversi attori sociali, che medici e giuristi non possono decidere da soli in nome di tutta la società, e che anche all’interno della Chiesa cattolica c’erano autorevoli rappresentanti tanto a favore quanto contrari all’aborto, ma anche tra quelli che condannavano moralmente l’aborto vi erano alcuni che non ritenevano possibile perseguirlo penalmente. Alla fine sembra prevalere il parere che si tratti di una scelta, anche se terribile, non a caso gli ambienti favorevoli all’aborto sono definiti pro choice.

L’appoggio della famiglia Kennedy alla trasformazione in senso laico della morale tradizionale cattolica si è concretizzato nel 1971 quando Hellegers con l’aiuto del padre Robert J. Henle S.J. (1909-2001), presidente dell’Università  Georgetown di Washington, un’università retta dalla Compagnia di Gesù, e con la sponsorizzazione della Kennedy Foundation fonda il Joseph and Rose Kennedy Center for the Study of Human Reproduction and Bioethics (7), diventato successivamente il Kennedy Institute of Ethics, che con la sua attività didattica e di ricerca rappresenta a livello mondiale il più importante centro di bioetica e ha avuto un ruolo determinante per la diffusione della bioetica come nuova forma di etica medica.

Questo indirizzo ha avuto senz’altro il pregio di aver coinvolto nella riflessione etica anche ambienti non cattolici o addirittura laici, ma in questo processo la bioetica, creata quasi esclusivamente da teologi cattolici e cresciuta in un istituto di bioetica associato all’università Georgetown retta dai gesuiti, ha dovuto rinunciare gradualmente a fondarsi non solo su principi cattolici o anche più generalmente religiosi, ma anche su una base razionale.

Tristram Engelhardt jr.

Il professore Tristram Engelhardt jr. (1941-2018) stesso, cresciuto cattolico ma diventato membro della Chiesa ortodossa del Texas, che è stato uno degli esponenti più importanti della bioetica moderna, riconosce che: «La bioetica cristiana è servita come un passaggio intermedio per la nascita di una bioetica laica» (8), descrive anche la «[…] comparsa della bioetica cristiana e la sua eclissi nel predominio a livello mondiale di una bioetica filosofica e secolare (9)», e ammette che «Dopo una breve fioritura, la bioetica cristiana è diventata simile alle sue  versioni secolarizzate (10)». Secondo Engelhardt una bioetica cristiana che non cerchi l’omologazione con la bioetica laica mostrerebbe un carattere settario e offenderebbe lo spirito ecumenico (11), proprio perché: «Ciò che di cristiano c’è nella bioetica cristiana costituiva di per sé un problema» (12).

Engelhardt giudica positivamente il superamento dell’etica medica tradizionale dell’Occidente cristiano che sarebbe dipesa da un ménage à trois di fede, ragione e potere papale che «ha posto le fondamenta della bioetica contemporanea. In particolare ha creato aspettative di unità di conclusioni razionali, consenso sui doveri morali e uniformità delle regolamentazioni legali. Ha definito l’intrinseca natura del dibattito sulla politica sanitaria italiana.

Questa alleanza ha danneggiato ognuna delle sue componenti» (13), e prosegue sostenendo che non sarebbe possibile fondare razionalmente i principi  dell’etica, per questo sarebbero ingannevoli tanto la pretesa della fede di servirsi della ragione come di un «baluardo difensivo» (14), quanto quella di poter formulare principi etici validi universalmente con un’autorità in grado di interpretarli correttamente.

Secondo Engelhardt, principi morali possono essere fondati unicamente su una fede particolare, e, tenendo conto che anche all’interno della stessa confessione religiosa ci possono essere divergenze, un consenso sui principi morali sarebbe possibile solo e in parte all’interno della stessa comunità. Un consenso tra differenti comunità sarebbe possibile solo nel caso di analogie tra differenti fedi e/o visioni del mondo, ma non su una base razionale.  

«Queste conclusioni sulle possibilità della bioetica impongono dei cambiamenti sul terreno della politica pubblica laica, giacché tale politica dev’essere giustificata in termini laici generali. Se non ci sono argomenti razionali generali capaci di mostrare che certe azioni sono moralmente sbagliate, allora l’autorità morale laica di proibire queste azioni con la forza ne risulterà, nella migliore ipotesi, compromessa» (15). E, riferendosi direttamente alla situazione italiana, considerava illegittima e come una coercizione la proibizione da parte dello Stato di azioni che secondo lui non possono essere giudicate moralmente malvagie con argomenti razionali. Nel suo Manuale di bioetica Engelhardt sostiene che: «Sul piano laico generale non è possibile qualificare come male morale non solo l’aborto, ma nemmeno l’infanticidio» (16).

Edmund D. Pellegrino

Edmund D. Pellegrino (1920-2013) è stato dal 1978 al 1982 l’undicesimo presidente della Catholic University of America (CUA) e per anni è stato il direttore del Kennedy Institute of Ethics presso la Georgetown University.

Pellegrino ritiene necessario introdurre nuovi principi nell’etica medica a causa dei progressi della medicina, delle trasformazioni socio-politiche e dell’indebolimento del consenso religioso e filosofico che aveva sostenuto l’etica professionale, e sostiene che queste nuove situazioni hanno minato i fondamenti tanto dell’etica classica com’era stata formulata fin dalla Grecia antica, che «[…] dipendeva da una antropologia basata sulla legge naturale» (17), quanto delle virtù corrispondenti.

Per Pellegrino le nuove sfide etiche della medicina «non richiedono però un deciso ritorno ai fondamenti classici dei valori etici, sia che si tratti del diritto naturale, del kantismo, dell’utilitarismo, della dialettica o di una fede basata su una rivelazione. Un tale disperato tentativo di trovare fondamenti ultimi per il comportamento morale e culturale sarebbe reazionario e negatore dell’emancipazione e della libertà» (18), perché non prenderebbe sul serio l’autonomia, il diritto all’autodeterminazione del cittadino e la sua capacità di assumersi responsabilità.

Non sarebbe possibile riferirsi a distinzioni assolute su ciò che è bene e male e neanche a principi dell’etica professionale: «Personalmente mi sono limitato al bene del paziente com’è percepito dal paziente e ho evitato le questioni più profonde del bene del paziente dal punto di vista metafisico» (19).

Per quanto riguarda il medico e gli altri professionisti della medicina, Pellegrino ritiene necessario un cambiamento di approccio: vi sarebbe una differenza sostanziale tra la concezione del bene del paziente basata su principi medici e ciò che il paziente stesso considera come suo bene. Per questo, le finalità mediche del trattamento non corrisponderebbero necessariamente alle attese del paziente: «Dal punto di vista ‘moderno’ noi non possiamo sapere ciò che è bene per il paziente senza conoscere i suoi desideri. La scelta del paziente è un bene semplicemente perché lui lo desidera. Per fare il bene del paziente noi dobbiamo fare il bene che lui desidera» (20).

Se l’etica generale non può più stabilire in modo assoluto ciò che è bene o male, l’etica professionale si riduce ad assecondare la volontà del paziente, cioè a mettere le proprie capacità tecniche a disposizione dei desideri del paziente.

Le proposte della “bioetica”: moralmente urtanti

Le tesi di due importanti rappresentanti della bioetica testimoniano la parabola della bioetica con la graduale trasformazione dell’etica medica cattolica e/o cristiana fino alla rinuncia alla formulazione di principi morali generali: per Pellegrino è bene ciò che il paziente considera come tale, per Engelhardt non è possibile definire con argomenti razionali ciò che è bene e ciò che è male, e la proibizione di azioni come l’aborto e l’infanticidio sarebbe una indebita coercizione da parte dello Stato e una limitazione della libertà dei genitori. Per Engelhardt questioni morali appartengono all’ambito della fede personale, lui stesso si dichiara contrario ad aborto e infanticidio e confessa: «Le proposte appena illustrate appariranno ai lettori provocatorie o addirittura offensive e moralmente urtanti. Desidero tranquillizzarli:esse appaiono tali anche a me».

Si deve riconoscere la sincerità di Engelhardt quando ammette che le proposte formulate nel suo manuale di bioetica per affrontare questioni etiche sono provocatorie o addirittura offensive e moralmente urtanti! Effettivamente rinunciando a un ordine morale oggettivo diventa difficile, se non impossibile, porre limiti alle pretese individuali.  

Dott. Ermanno Pavesi

1 Congregazione per la dottrina della fede, Lettera riguardante la sospensione di Carlo Curran dall’insegnamento della teologia,  del 25 luglio 1986.

2 Albert R. Johnsom, The birth of Bioethics, Oxford University Press, New York Oxford, 1998, p. 290.

3 Cfr., https://www.luc.edu/theology/McCormick_Chair_Biog.shtml, visitato il 23.04.2019.

4 Cfr. Gilfredo Marengo, La nascita di un’enciclica. Humanae vitae alla luce  degli Archivi Vaticani, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2018, p. 40.

5 Cfr. Raymond A. Schroth sj,Bob Drinan, The Controversial Life of the First Catholic Priest Elected to Congress, Fordham University Press, New York 2010, p. 80.

6 TheTerrible Choice: The Abortion Dilemma. Based on the proceedingsof the international Conference on Abortion sponsored by the Harvard Divinity School and the Joseph P. Kennedy jr. Foundation, Bantam books, New York 1968.

7 Cfr. Albert R. Jonsen, The Birth of Bioethics, Oxford University Press, New York Oxford 1998, pp. 22-23.

8 H. Tristram Engelhardt Jr, The Foundations of Christian Bioethics, Swets & Zeitlinger, Lisse 2000, p. 12.

9 Ibid., p. xiii.

10 Ibid., p. xviii,

11 Ibid., p. 1.

12 Ibid. , p. 14

13 Ibid., pp. 18-19.

14 Ibid., p. 19.

15 Ibid., p. 50.

16 Tristram Engelhardt jr, Manuale di bioetica. Nuova edizione, trad. it., il Saggiatore, Milano 1999, p. 303.

17 Edmund. D. Pellegrino, The Philosophy of Medicine Reborn. A Pellegrino Reader, edited by H. Tristram Engelhardt Jr. and Fabrice Jotterand, University of Notre Dame Press, Notre Dame, Indiana 2008, p. 265.

18 Idem, Ethik, Bioethik und Medizinethik, in Bioethik in den USA. Methoden, Themen, Positionen, a cura di Hans-Martin Sass, Springer, Berlino 1988, pp. 21-35 (p. 22).

19 Idem, The Philosophy of Medicine Reborn,  pp. 183-184

20 Ibid., p. 181,