La dignità del paziente al primo posto nella cura  QUO-021

26 gennaio 2024

La dignità della cura e il compito di curare per «debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente». Su questo tema si è incentrato l’intervento svolto dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, giovedì 25 gennaio, nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, in occasione della presentazione del “Manifesto per la sanità del futuro” ideato dalla Fondazione Dignitas Curae. Un tema che ha offerto al porporato l’occasione per rilanciare l’invito a prendersi «a cuore coloro che soffrono» e a mettere al primo posto la dignitas personae, la dignità della persona, in ogni fase e condizione della sua vita.

Per la sanità del futuro — il concetto sottolineato da Parolin e messo in evidenza nel titolo del “Manifesto” stesso — è necessaria «una mens nova, che attivi un cambiamento radicale del pensare medico. Un cambiamento che comincia nell’interiorità delle coscienze, dalle cui profondità trabocca “fuori”, in ogni ambito — relazionale, progettuale, gestionale, strutturale, istituzionale — dell’operare medico».

Il “Manifesto” — scritto da Massimo Massetti, del Policlinico universitario Agostino Gemelli, e da monsignor Mauro Cozzoli, teologo e consultore del Dicastero per la dottrina della fede — ha il sostegno di Papa Francesco, e del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella.

Nella sua riflessione il segretario di Stato, invitando a una traduzione fattiva del Manifesto «in ogni campo del pensare, educare, progettare, operare medico-sanitario», ne ha voluto mettere in luce la profondità antropologica, «vale a dire l’entità umana, nei suoi principi fondanti, e umanizzante, nelle sue linee operative», che lo caratterizza.

«Un curare — ha spiegato il cardinale — inteso e posto in atto in senso integrale: non solo fisico ma altresì emotivo, spirituale, sociale, ambientale, secondo una comprensione olistica, globale cioè, dell’operare medico». Sulla base di questa visione la cura, ha aggiunto, «non è data dalla somma delle prestazioni ma dalla presa in carica del paziente, in una relazione empatica di alleanza terapeutica».

Facendo poi riferimento al documento Samaritanus bonus del luglio 2020 del Dicastero per la Dottrina della fede (Cdf) che assume la sollecitudine terapeutica del Buon Samaritano — «immagine di Gesù, che incontra l’uomo bisognoso di salvezza e si prende cura delle sue ferite e del suo dolore» — a paradigma significativo del curare, il porporato ha evidenziato «il beneficio della cura come diritto universale, senza esclusioni di sorta» e «la condizione di fragilità e vulnerabilità dell’essere al mondo della persona umana.

E proprio questa vulnerabilità, ha proseguito, «dà fondamento all’etica del prendersi cura, in particolar modo nell’ambito della medicina, intesa come sollecitudine, premura, compartecipazione e responsabilità» verso l’essere umano.

Nell’affrontare le attuali criticità e le sfide rappresentate dallo sviluppo biotecnologico e dalla gestione dei sistemi sanitari, riprendendo il documento della Cdf, il cardinale Parolin ha affermato che «la Chiesa guarda con speranza alla ricerca scientifica e tecnologica, e vede in esse una favorevole opportunità di servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano», seppure questi progressi «non sono di per sé determinanti per qualificare il senso proprio ed il valore della vita umana». Sui sistemi sanitari, il segretario di Stato ha evidenziato il rischio che in Italia sia in atto una “questione sanitaria” in cui la relazione di fiducia tra medico e paziente si riduca «ad un rapporto meramente tecnico e contrattuale».

Il primo grande merito del Manifesto, ha concluso, «è la sua incidenza prioritaria sul pensiero: sulla modulazione valoriale delle intelligenze e delle coscienze, per una Sanità del futuro a misura umana».

L’Osservatore Romano