Conclusioni della Jornada su Transumanesimo e intelligenza artificiale

Il movimento transumanista propone un miglioramento della longevità umana, un miglioramento cognitivo e uno stato di benessere psico-fisico. Ovviamente queste proposte suscitano simpatia e speranze.
Se ci fermiamo ai soli fini che si propone il transumanesimo, dobbiamo dire che essi non appaiono necessariamente inaccettabili, soprattutto se assunti in quella forma moderata che pare la più plausibile dal punto di vista pratico; invece ciò che risulta discutibile è l’ideologia scientista in base alla quale la scienza e la tecnologia sembrano costituire le uniche forme di sapere in grado di dire una parola significativa sulla vita umana, sul suo senso e sulla sua possibile felicità.

Una discussione delle proposte dovrebbe anche prendere in considerazione i mezzi proposti per realizzare questi obiettivi. Alcuni di essi, infatti, presuppongono la manipolazione genetica di embrioni umani, o comunque la distruzione di embrioni allo scopo di trarne cellule staminali da utilizzare per scopi di medicina rigenerativa. Una simile procedura è altamente discutibile dal punto di vista etico, in quanto tratta degli individui umani in via di formazione come mezzi in vista di un maggior beneficio per altri individui adulti. Una considerazione più ampia conduce a tenere conto dei pericoli che il potenziamento tecnologico presenta, sia quanto alle caratteristiche “naturali” della condizione umana, sia quanto alla possibilità di compromettere alcune delle sorgenti più profonde della felicità umana, sia infine quanto alla probabilità di violare requisiti fondamentali di giustizia. Alla fine la proposta transumanista è nel solco dell’individualismo più estremo e non prevede alcun incremento di relazione tra gli uomini, anzi lascia intravedere un forte incremento delle disuguaglianze.

Una considerazione specifica va riservato alla proposta di immortalità terrena propria di una sottocorrente del transumanesimo. Il confronto del pensiero cristiano anche con la sola ipotesi immortalista, oltre alle perplessità sul rispetto della dignità dell’uomo e della necessaria equità tra ricchi e poveri del pianeta, apre una serie di questioni che riguardano il senso della vita, l’identità morale della persona umana e l’esercizio della libertà. Infine si pone la questione della normatività della morte di Cristo. E, forse, è quest’ultimo aspetto della teologia e dell’antropologia cristiana a porre la critica più penetrante alla pretesa di immortalità terrena. Se la morte è stata necessaria al Figlio, dovrà esserlo anche per gli uomini. In realtà la stessa libertà ha un senso se conduce in un tempo definito alla costruzione dell’identità della persona. Quindi la morte in un certo senso è necessaria al compiersi della libertà.

Queste e molte altre riflessioni e domande hanno accompagnato i relatori e il pubblico della Jornada.