RITO AMBROSIANO

VII Domenica dopo il Martirio

Matteo 13, 3b-23

In quel tempo. Il Signore Gesù disse:

«Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».

10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:

Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!

16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!»

«18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Commento

La parabola del seminatore, nella sua prima parte, parla degli ostacoli che il regno di Dio trova nel suo sviluppo sulla terra.

Per certi aspetti si potrebbe anche dire che questo seminatore o è sbadato o è incompetente. Infatti, quale bravo seminatore getta il seme dove non c’è speranza di frutto? Ma già qui troviamo un invito a capire che il seminatore di cui si parla è speciale. Egli è quel Dio che cerca tutti, anche quelli che a prima vista non promettono niente di buono.

L’immagine di questa semina è perciò una immagine di speranza. Ci sono molti elementi di incertezza nella fatica della semina. Una buona parte del seme rischia di perdersi, vuoi per il terreno che non l’accoglie bene, vuoi per gli uccelli che lo mangiano. Ma a dispetto di tutto il seminatore rischia e sa attendere.

Le cifre finali del racconto sono molto abbondanti rispetto alla realtà, perché in Palestina, al tempo di Gesù, la media era del dieci per uno. Ma con questi numeri che richiamano l’abbondanza messianica, Gesù vuole dire che il regno di Dio produrrà frutti molto abbondanti, anche se i suoi inizi appaiono stentati e ci sono molti ostacoli: la superficialità indifferente degli ascoltatori, la loro incostanza di fronte alle esigenze della fede, la positiva avversione nei confronti del regno.

La seconda parte del testo, quella che vuole essere la spiegazione della parabola, mette l’accento sulle disposizioni degli ascoltatori.

Sembra qui che Dio non voglia la conversione dei peccatori.

In realtà una traduzione più attenta dovrebbe dire così:

“A voi Dio ha concesso di conoscere il mistero del regno; per quelli che sono fuori, tutto è misterioso, così che (come sta scritto) guardano e non vedono, sentono e non comprendono. Si convertano dunque, e Dio li perdonerà”.

Vale anche per l’oggi: la situazione di coloro che sono fuori non è disperata, hanno ancora una possibilità: si convertano. Loro devono convertirsi forse per la prima volta, noi che siamo i discepoli sappiamo che dobbiamo convertirci ogni giorno, perché non c’è mai nessuno che può dirsi arrivato nel cammino del dono.

Ma la vera speranza è che Dio continua a seminare nel cuore di tutti.

Buona domenica a tutti

Don Michele Aramini

N.B. è appena uscito il mio libro di commenti ai vangeli ambrosiani ANNO B che inizia dalla domenica 15 novembre prima di avvento.

Potete acquistarlo in libreria o meglio chiedendolo direttamente all’editore MIMEP di Pessano con Bornago  email info@mimep.it

…………………………………………………

RITO ROMANO

XXVIII domenica del TO


Matteo 22,1-14


In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Commento

Questa è la parabola dei parroci, che organizzano serate teologiche, corsi biblici, incontri culturali che vanno regolarmente semideserte o sono frequentate da pochissime persone.

A parte la battuta, la parabola riprende quella precedente dei vignaioli omicidi.
Anche qui Gesù è il Figlio di Dio che deve essere accolto. Egli è lo sposo che celebra le nozze con il suo popolo e il Padre suo invita tutti.
Ma come nella storia di Israele, dove ha predominato l’infedeltà all’alleanza, anche i contemporanei di Gesù non vogliono accogliere il dono della nuova alleanza.
L’Israele antico che rifiuta la fede nel Messia e si affida ai giochi di potere verrà distrutto dai Romani, prima nel 70 d. C. e poi definitivamente nel 135.
Abbiamo già qui un monito anche per noi nuovo popolo di Dio. La nostra consistenza, la nostra speranza sta nell’affidamento a Dio e non in collusioni con il potere.
Sorprendente è la scena finale, nella quale c’è un invitato che non ha indossato l’abito festivo adatto alle nozze. Nel contesto del brano di Matteo significa l’adempimento dei comandamenti donati da Gesù. Si risponde all’invito con la fedeltà al regno di Dio.
Sono stati invitati buoni e cattivi, ma nessuno può restare nella condizione di cattivo. La regola general e del vangelo è quella per cui Gesù ci accoglie così come siamo, ma non ci lascia come siamo, dobbiamo essere trasformati dalla relazione con lui.
L’espulso diventa l’esempio di ciò che accade a quei chiamati che, non avendo voluto convertirsi, non diventano eletti.

Uno dei ragazzi che ogni tanto incontro al Baretto mi ha detto una volta, ma uno non può vestirsi come vuole a una festa di nozze?

Come dire: la festa è di matrimonio, ma io sono superiore alle regole e faccio modo mio.

Mi ricorda un altro che diceva: Perché devo andare all’inferno se rifiuto Dio? Dove finisce la mia libertà?

Abbiamo capito che noi uomini vogliamo fare quello che ci pare e piace, ma senza pagarne le conseguenze. Tipico atteggiamento da adolescenti viziati, che però oggi è il modo di ragionare anche di molti “adulti”.

Ma lo capisci o no che il vestito nuovo è la meravigliosa capacità di amare che ti è donata dallo sposo?  E se invece resti con i tuoi vecchi vestiti stazzonati e maleodoranti infetti l’aria e la vita di chi ti sta accanto?