Se da giovane prete Fiorenzo Angelini «ebbe a cuore la sorte dei senza tetto delle borgate romane», da cardinale «la sua azione assistenziale e caritativa si è allargata al mondo intero» fino a inventare la moderna pastorale sanitaria. Così il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha ricordato l’ultimo porporato nato a Roma, nel secondo anniversario della morte.
Il porporato ha celebrato la messa il 22 novembre a Bassano Romano, dove Angelini è stato sepolto. Prendendo le mosse dalle parole di Gesù, riportate da Luca nel passo evangelico proposto dalla liturgia, all’omelia ha ricordato che è «la conversione al Signore» a condurci «verso la salvezza e non la magnificenza delle nostre opere e costruzioni, fossero anche religiose». E il cardinale Angelini ha testimoniato con i fatti questa consapevolezza realizzando «importanti opere religiose e caritative con sagacia e zelo apostolico» e pensandole sempre come «un mezzo per testimoniare il Vangelo della carità». Del resto, ha affermato il segretario di Stato, «chi lo ha conosciuto può confermare che la sua azione pastorale era veramente improntata allo zelo per il Signore: aveva un’innata tensione per le cose di Dio e un’energia inesauribile nel portare a termine i progetti che la Provvidenza gli poneva sul suo cammino».
E così Angelini «non perse mai quel desiderio di agire, di mettersi in discussione davanti a situazioni nuove che gli si presentavano: era pronto a rispondere alle sollecitazioni dei superiori, ma anche alle istanze pastorali che richiedeva il quotidiano vivere a contatto con determinati ambienti». Con una certezza: «quanti si rivolgevano a lui trovavano sempre ascolto e un sostegno sicuro».
Davvero il cardinale Angelini — ha affermato il segretario di Stato — «è stato uomo del Vangelo per la sua prontezza a rispondere alla chiamata del Signore, diventando un coraggioso evangelizzatore». Il suo obiettivo principale era chiaro: «evangelizzare la società a partire dalla sanità, l’ambiente che più gli stava a cuore». E per portare a termine la sua missione ha saputo coinvolgere tutti, sfrozandosi «di imitare Gesù, buon samaritano, in un atteggiamento di disponibilità e di oblatività sincera verso quanti incontrava sulla sua strada, specialmente i più deboli e fragili». È noto a tutti «quanto avesse a cuore la pastorale sanitaria e si impegnò con tutte le sue energie perché sentiva impellente dentro di sé il comando di Gesù a sanare le ferite dell’anima e del corpo».
Proprio «questa prospettiva pastorale ha segnato l’intera e lunga esistenza del cardinale, attraversandola come un filo rosso». Una vita «articolata ed evangelicamente feconda iniziata» con l’Azione cattolica, «passando poi all’apostolato nei luoghi di cura di Roma, fino all’ordinazione episcopale che ha segnato un notevole impulso nella pastorale sanitaria, presa come riferimento anche all’estero». Angelini ha rilanciato la formazione spirituale dei medici, incoraggiato i cappellani ospedalieri e sostenuto «la ricerca scientifica posta al servizio della dignità della persona umana». Una parte rilevante «ebbe poi nell’istituzione del Pontificio consiglio della pastorale per gli operatori sanitari, di cui fu nominato presidente».
«Convinto fermamente del valore universale degli insegnamenti evangelici» Angelini volle visitare anche Cuba e l’Unione Sovietica. Resta «memorabile — ha concluso il cardinale Parolin — la costruzione di un ospedale a Mosca, un simbolo che sfidò ideologie e ostilità in nome della più grande dignità dell’uomo di fronte alla malattia». Con «stile aperto e lungimirante» ha gettato «ponti di dialogo attraverso l’ecumenismo della carità», costruendo ospedali in India, Polonia, Romania e soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo dove ha fondato la «cittadella della carità» a Butembo, con l’aiuto delle suore benedettine riparatrici del Santo Volto di Nostro Signore Gesù Cristo».
L’Osservatore Romano, 26-27 novembre 2016